Avv. Fulvio Graziotto
Trasferimento della sede legale nella UE possibile senza spostamento della sede effettiva
Una società costituita in base al diritto di uno Stato UE può trasferire la sola sede legale in altro Stato UE per trasformarla in base alle regole del secondo Stato senza spostare la sede effettiva, e lo Stato di origine non può subordinare il trasferimento alla messa in liquidazione.
La Corte di Giustizia ha ricordato che «in assenza di uniformità nel diritto dell’Unione, la definizione del criterio di collegamento che determina il diritto nazionale applicabile ad una società rientra, conformemente all’articolo 54 TFUE, nella competenza di ciascuno Stato membro, avendo tale articolo posto sullo stesso piano la sede sociale, l’amministrazione centrale e il centro d’attività principale di una società come criteri di collegamento (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 1988, Daily Mail and General Trust, 81/87, EU:C:1988:456, punti da 19 a 21)», e che «la questione dell’applicabilità degli articoli 49 e 54 TFUE è distinta dalla questione se uno Stato membro possa adottare misure atte a impedire che, in presenza delle possibilità offerte dal Trattato, i suoi cittadini tentino di sottrarsi abusivamente all’impero della propria legge nazionale, tenuto conto del fatto che, secondo una consolidata giurisprudenza, uno Stato membro può adottare simili misure (sentenze del 9 marzo 1999, Centros, C‑212/97, EU:C:1999:126, punti 18 e 24, nonché del 30 settembre 2003, Inspire Art, C-167/01, EU:C:2003:512, punto 98)».
Tuttavia, va rilevato che, come già dichiarato dalla Corte, «il fatto di stabilire la sede, legale o effettiva, di una società, in conformità alla legislazione di uno Stato membro, al fine di beneficiare di una legislazione più vantaggiosa, non può costituire di per sé un abuso del diritto di stabilimento (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1999, Centros, C-212/97, EU:C:1999:126, punto 27, e del 30 settembre 2003, Inspire Art, C‑167/01, EU:C:2003:512, punto 96)».
La questione è rilevante perché, chiarendo che stabilire o trasferire la sede (legale o effettiva) di una società al fine di beneficiare di una legislazione più vantaggiosa non può costituire di per sé abuso del diritto di stabilimento, e quindi apre una serie di applicazioni pratiche del principio.
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Studio Graziotto
- Corte di Giustizia Europea, C-456/1988
- Corte di Giustizia Europea, C-212/97
- Corte di Giustizia Europea, C-126/1999
- Corte di Giustizia Europea, C-167/01
- Corte di Giustizia Europea, C-512/03
TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA
Vigente al: 12-02-2018
Articolo 49 (ex articolo 43 del TCE)
Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali.
Articolo 54 (ex articolo 48 del TCE)
Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale all'interno dell'Unione, sono equiparate, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.
Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro.
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