Per la Suprema Corte, la sottrazione o la distruzione della documentazione è solitamente finalizzata ad occultare la contemporanea distrazione di beni appartenenti al patrimonio della ditta o della società fallita, ma questo non esaurisce le ipotesi in cui il fallito o l'amministratore di società dichiarate insolventi agisca per un proprio o un altrui profitto o a danno dei creditori.
La deliberata distruzione di tutte le fatture, passive ed attive emesse o ricevute nel corso di diversi anni (e dei relativi registri), da parte dell'imputato, ha precluso al curatore ogni possibile ricostruzione dell'attività concreta della fallita, e ha di conseguenza comportato la totale impossibilità di ricostruirne il patrimonio.
Questo costituisce un evidente pregiudizio dei creditori, non consentendogli di verificare se i beni della fallita siano ancora nella sua disponibilità, se esistano crediti da recuperare, se si possa dar luogo ad azioni revocatorie o ad azioni di responsabilità degli amministratori.
Per la Cassazione, nel caso deciso è stata una scelta che l'imputato ha assunto nella evidente consopevolezza evolontà di pervenire a tale risultato.
- Cass. 57698/2017
REGIO DECRETO 16 marzo 1942, n. 267
Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativ
Vigente al: 21-04-2018
Art. 216 - Bancarotta fraudolenta
E' punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
E' punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Art. 217 - Bancarotta semplice
E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie di cui al capo III titolo II libro I del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.