Avv. Fulvio Graziotto
Appropriazione indebita configurabile per l'amministratore di condominio che impiega il denaro per altri fini
E' configurabile il reato di appropriazione indebita ex art. 646 codice penale nei confronti dell'amministratore di condominio che impiega il denaro consegnato con espressa limitazione del suo uso o con un preciso incarico di dargli una specifica destinazione.
La condotta dell'amministratore il quale abbia trattenuto somme di cui aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio e con destinazione "vincolata" ai pagamenti nell'interesse del condominio, integri il delitto di appropriazione indebita.
Anche il denaro può costituire oggetto del reato di appropriazione indebita, atteso che anche il denaro, nonostante la sua "ontologica" fungibilità, può essere oggetto di trasferimento relativamente al mero possesso, senza che al trasferimento del possesso si accompagni anche quello della proprietà, il che di norma si verifica, oltre che nei casi in cui sussista o si instauri un rapporto di deposito o un obbligo di custodia, nei casi di consegna del danaro con espressa limitazione del suo uso o con un preciso incarico di dare allo stesso una specifica destinazione o di impiegarlo per un determinato uso: in tutti questi casi il possesso del danaro non conferisce il potere di compiere atti di disposizione non autorizzati o, comunque, incompatibili con il diritto poziore del proprietario.
Il caso affrontato dalla Suprema Corte riguardava un amministratore di condominio al quale fu revocato l'incarico a seguito della scoperta di alcune cartelle di pagamento pregresse di cui lo stesso non aveva mai fatto cenno; a seguito delle verifiche, era emerso che l'amministratore non aveva pagato i contributi previdenziali e alcuni tributi.
Il nuovo amministratore si costituiva parte civile nel procedimento, e il giudice di primo grado riteneva l'imputato responsabile.
A giudizio della Cassazione, il condannato proponeva appello in modo del tutto generico, per non dire "eccentrico", e la Corte di Appello confermava la decisione di primo grado.
L'amministratore incolpato proponeva ricorso per cassazione, ma il Collegio ha rilevato l'inammissibilità dell'atto di appello per difetto di specificità dei motivi.
Dopo tale declaratoria di inammissiiblità, la Suprema Corte ha comunque precisato che «la condotta dell'amministratore il quale abbia trattenuto somme di cui aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio e con destinazione "vincolata" ai pagamenti nell'interesse del condominio, integri il delitto di appropriazione indebita».
Richiamandosi a precedenti decisioni, ha ricordato che «questa Corte ha affermato che la specifica indicazione del "denaro" (a fianco di quella, in forma alternativa, di "cosa mobile"), contenuta nell'art 646 cod. pen., consente di ritenere che il legislatore, allo scopo di evitare incertezze e di reprimere gli abusi e le violazioni del possesso del danaro, ha inteso chiaramente precisare che anche il denaro può costituire oggetto del reato di appropriazione indebita, atteso che anche il denaro, nonostante la sua "ontologica" fungibilità, può essere oggetto di trasferimento relativamente al mero possesso, senza che al trasferimento del possesso si accompagni anche quello della proprietà».
Precisando ulteriormente che «Ciò di norma si verifica, oltre che nei casi in cui sussista o si instauri un rapporto di deposito o un obbligo di custodia, nei casi di consegna del danaro con espressa limitazione del suo uso o con un preciso incarico di dare allo stesso una specifica destinazione o di impiegarlo per un determinato uso: in tutti questi casi il possesso del danaro non conferisce il potere di compiere atti di disposizione non autorizzati o, comunque, incompatibili con il diritto poziore del proprietario e, ove ciò avvenga si commette il delitto di appropriazione indebita».
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Studio Graziotto
- Cass. 50672/2017
- Cass. 24857/2017
- Cass. 46474/2016
- Cass. 4584/1972
Codice Penale
Vigente al: 26-08-2019
CAPO II - Dei delitti contro il patrimonio mediante frode
Art. 646 - Appropriazione indebita
Chiunque, per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire diecimila.
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.
COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 10 APRILE 2018, N. 36
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